Reato di stalking: per provare lo stato di ansia della vittima non serve una “prova medica”.

Reato di stalking: per provare lo stato di ansia della vittima non serve una “prova medica”.
29 Novembre 2017: Reato di stalking: per provare lo stato di ansia della vittima non serve una “prova medica”. 29 Novembre 2017

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di stalking con la sentenza n. 49681/17, depositata in data 30 ottobre ultimo scorso.

Nel caso esaminato, il Tribunale di Taranto aveva dichiarato una donna colpevole dei reati di ingiuria e di stalking per aver molestato, minacciato ed offeso un’altra donna con condotte reiterate, mediante messaggi, telefonate, appostamenti, in tal modo procurandole un perdurante stato di ansia e di paura.

In Appello la sentenza di condanna era stata riformata solo parzialmente, per l’intervenuta depenalizzazione del reato di ingiuria.

L’imputata aveva quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando la sussistenza di vizi di violazione di legge e di motivazione in riferimento all’art. 612 bis c.p., in quanto, a suo dire, l’evento indicato dalla norma, cioè lo stato di ansia e di paura, avrebbe difettato nel caso di specie della perduranza e della gravità.

Sarebbe inoltre mancata la prova del mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, desunto in via esclusiva dalla sostituzione dell’utenza telefonica da parte della querelante.

Infine, sempre secondo l’appellante, la Corte territoriale avrebbe basato erroneamente la propria decisione sulla mera narrazione fatta dalla persona offesa, non corroborata da certificazioni mediche (o da altre prove delle paventate minacce).

I Giudici di Piazza Cavour, però, non hanno accolto le censure mosse dalla donna, osservando al contrario, quanto al perdurante stato di ansia e di paura, che esso “non deve assurgere a livello di patologia, salvo che nel caso di contestazione del concorrente delitto di lesioni personali, essendo pertanto sufficiente, ai fini dell'integrazione del delitto di atti persecutori, che si sia prodotto un effetto destabilizzante dell'equilibrio psicologico della vittima”.

Pertanto, ai fini dell’integrazione del reato in esame, non è affatto necessario “l'accertamento di uno stato patologico enucleabile attraverso perizie e/o certificazioni sanitarie, posto che sotto detto profilo verrebbe meno la differenza con la diversa fattispecie di lesioni personali; altro è, infatti, l'evento del delitto di lesioni - che non può che essere costituito da una malattia, intesa in senso ampio, ossia una patologia rilevabile e documentabile tanto a livello fisico che a livello mentale - rispetto ad uno degli eventi alternativamente richiesti dall'art. 612 bis c.p., che evidenziano la produzione di effetti destabilizzanti per la serenità e/o l'equilibrio psicologico della vittima anche in riferimento alle sua quotidiane abitudini di vita”.

Inoltre, alla vittima non dovrebbe essere richiesto di prospettare e descrivere “con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell'agente, qualora, in base a massime di esperienza, essa sia idonea a produrre un effetto destabilizzante su di una persona comune”.

Sintetizzando, la Corte di Cassazione ha affermato che ai fini della configurabilità del reato di stalking:

  1. il perdurante stato di ansia e di paura causato alla vittima non deve assurgere a livello di patologia, atteso che in tal caso è configurabile il delitto di lesioni personali;
  2. il perdurante stato di ansia e di paura (non patologico) non necessita di essere provato mediante attestazioni e/o certificazioni mediche;
  3. non è necessario che la vittima descriva con esattezza l’evento o gli eventi prodotti dalla condotta del reo (ed espressamente elencati dall’art. 612 bis c.p.).

La decisione in commento, tuttavia, a nostro modesto parere, desta qualche perplessità.

Se lo sforzo del Giudicante di porre un freno alla consumazione di un delitto che, purtroppo, troppo spesso finisce per sfociare nei più gravi reati di lesioni personali e di omicidio indubbiamente merita di essere condiviso, ciò nondimeno pare che la valutazione della prova dei fatti che integrano la fattispecie criminosa dovrebbe forse essere condotta con maggior rigore, anche allo scopo di evitare abusi.

Vi è infatti il rischio che, interpretando in maniera fin troppo “estensiva” l’art. 612 bis c.p., si giunga a condanne per il reato di stalking in casi in cui non vi è prova del reato oppure la condotta del reo ha integrato, in realtà, un reato meno grave (ad esempio, quello di molestie).

Pare quindi che la valutazione della condotta del reo e delle sue conseguenze debba essere fatta con maggior rigore, fondandosi su prove concrete.

Né va dimenticato, a questo proposito, che la sanzione penale inflitta al reo, pur perseguendo anche una funzione di prevenzione speciale, deve sempre rispettare il principio di proporzionalità della pena al fatto, costituzionalmente previsto (e garantito) dagli artt. 3 e 27 Cost., sicché non pare equa una condanna per stalking nei casi in cui, al più, vi sia prova di una molestia.

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